Meglio coatti adesso che nel 2020

Pubblicato: 8 luglio 2023 da Paolo Magrassi in Luoghi comuni, Politica e mondo, Scienza
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Due mesi prima che esplodesse la pandemia Covid, il venerabile think tank Nuclear Threat Initiative, zeppo di encomiabili scienziati, pubblicava il suo Global Health Security Index: un dettagliato rapporto di 324 pagine costruito in collaborazione con il Center for Health Security della Johns Hopkins University e l’Economist Intelligence Unit, che si proponeva fra l’altro di mostrare quanti e quali paesi fossero pronti all’eventualità di una pandemia.

L’analisi, prodotta da organizzazioni internazionali di assoluta eccellenza, praticamente il gotha di medicina + raccolta dati + analisi, appare ridicola se visionata oggi e fece ridere me già il 3 maggio 2020.

In caso di pandemia, il rapporto Global Health Security Index giudicava gli Stati Uniti essere il paese con il sistema sanitario maggiormente in grado di curare i malati e proteggere gli operatori sanitari. Peccato che già il 3 aprile 2020 Bloomberg News ci mostrasse a New York City

medici, infermieri e paramedici entrare nei reparti con protezioni improvvisate, inclusi sacchi della spazzatura e poncho antipioggia da stadio.

Il che dimostra che non solo gli USA non erano affatto preparati ma anche che non prepararono nulla neppure quando la minaccia era diventata una realtà e non più solo un rischio: infatti, quando i sanitari newyorkesi approcciavano senza protezione nugoli di pazienti infetti di un patogeno sconosciuto, le tv USA stavano mostrando da almeno tre mesi gli ospedali cinesi a scatafascio, e da un mese quelli italiani, con tanto di sfilata di mezzi militari carichi di bare nella regione più florida di un paese europeo.

Nella stessa classifica (Cura dei malati e protezione degli operatori sanitari), la Germania era 21 posizioni dietro gli USA, con una capacità che si stimava essere del 35% inferiore a quella degli americani. Ecco invece cosa accadde nei due paesi, in fatto di mortalità, durante i primi cinque-sei mesi della crisi:


Un’altra scheda del facondo e dettagliato rapporto riguardava una previsione di Rapidità della risposta e di mitigazione della diffusione di un’eventuale epidemia. Qui gli Stati Uniti erano ritenuti al secondo posto nel mondo, con il Regno Unito al primo e la Svizzera al terzo. Ma alla fine di aprile 2020, il Regno Unito annoverava 414 morti di coronavirus per milione di abitanti, contro i soli 200 di Stati Uniti e Svizzera. E la Germania, 22ma nelle previsioni, riportava solo 81 morti; Il Vietnam, 74esimo, zero.

Una terza classifica del report stimava la Prevenzione dell’emergenza o del rilascio di agenti patogeni. (Figura qui a sinistra).
Gli Stati Uniti, in cima anche a questa lista, non hanno fatto bene: vedi la Figura in basso a barre blu, che conta i tassi di infezione in alcuni paesi a giugno 2020. (I peggiori sono in alto, i migliori in basso).

Né fecero bene la Francia (6° nelle stime di eccellenza) o il Regno Unito (10°), paesi martoriati dal SARS-CoV -2 e che hanno mostrato capacità di prevenzione assai scarse.
Oggi muove a ilarità il vedere la Corea del Sud solo 19esima in questa metrica del Global Health Security Index, e la Germania 13esima, ritenuta capace di una prevenzione inferiore del 20% rispetto agli Stati Uniti.

La Figura a barre blu mostra un consuntivo quasi capovolto rispetto alle previsioni.

Per non dire di Taiwan, un paese non elencato dal Global Health Security Index presumibilmente a causa di pruderie politiche, e che nel 2020 si rivelò di gran lunga uno dei migliori nella prevenzione dell’emergenza o del rilascio di agenti patogeni.

Insomma: ancora pochi mesi prima dello scoppio del Covid, i migliori esperti del mondo non avevano un’idea neppure vaga di quanto fossero preparati i vari paesi ad affrontare un’eventuale pandemia.

L’OMS aveva emesso, ancora in settembre 2019, l’ennesimo annuale allarme circa i rischi comportati da un’eventuale pandemia di un patogeno respiratorio, ma questi allarmi erano sostanzialmente ignorati da sempre da parte del 95% dei paesi, perché tutti i politici sapevano che discutere di piani pandemici costosi e comportanti limitazioni della libertà individuali era una missione impossibile (vedi anche qui al paragrafo ‘Poscritto del 19 aprile’).

Prendersela col Governo in carica al momento dell’effettiva occorrenza della pandemia, è quasi futile. Per molti anni abbiamo ignorato le linee-guida sull’emergenza pandemica. E così gli altri paesi. I soli che hanno fatto seguito ai moniti annuali dell’OMS, come Sud Corea, Singapore, Vietnam e Taiwan (e forse anche Giappone), lo hanno fatto perché avevano visto da vicino la SARS e altre epidemie.

Sappiamo, inoltre, che parti importanti dell’Italia, come associazioni imprenditoriali (che dispongono di Uffici studi solitamente loquaci), politici, giornalisti dei migliori media, e persino la classe medica, hanno capito il problema Covid solo dopo le prime azioni del Governo.

Ne consegue che i coatti di tutto il mondo, siano essi italiani, ungheresi, polacchi, statunitensi o britannici, meglio farebbero a star zitti. Anche perché, in fatto di pandemie, la loro competenza è sotto lo zero, essendo essi convinti che i vaccini facciano più male che bene, che le maschere siano inutili contro i patogeni respiratori, e che in caso di improvvise epidemie la popolazione dovrebbe scegliere individualmente e personalmente cosa fare pur senza capirci un cucco, coerentemente con il liberalismo egoista e a buon mercato del quale essi coatti sono imbevuti e incapaci di considerare i limiti.

Un censimento dei coatti ci fornirebbe la migliore valutazione possibile del tasso di stupidità nazionale—quello che il buon Carlo M. Cipolla, nel suo pamphlet tanto citato quanto mediocre, non tentò di stimare neppure come ordine di grandezza.

Se in Italia all’inizio del 2020 al comando ci fossero stati i coatti, gli esiti sarebbero stati ben peggiori. E la Figura sotto il titolo è un mio omaggio personale ai coatti odierni, affinché tentino—con la consulenza dei loro ‘esperti’—di interpretarla.

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