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Torniamo sul punto. Non pontificando o inventando, ma rifacendosi a fonti minimamente informate e forse credibili anziché alla fuffa mediatica. Si parla dei problemi neuropsichiatrici degli adolescenti e del loro presunto dilagare, soprattutto in relazione agli smartphone e ai social.

Adesso il gruppo Springer Nature pubblica una recensione del libro che sta creando ansietà nei genitori anglofoni e che anzi, secondo Michael Shermer, quello di Skeptic Magazine,

sta artatamente creando «la patologizzazione di cose per le quali gli adolescenti hanno sempre spfferto (riprendendosi rapidamente), e che invece oggi vengono etichettate con diagnosi come depressione, ADHD, autismo, disturbi d’ansia, ecc., dando vita a un circolo vizioso in cui agli adolescenti viene chiesto di rimuginare, meditare e crogiolarsi nelle proprie emozioni negative, cosa che non fa altro che alimentare il problema». [La tesi che sommessamente faccio mia quando parlo di bamboccionesimo].

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Il libro che rimestola nel fango “artatamente creando” condizioni psichiatriche è The Anxious Generation di Jonathan Haidt e la recensione di Nature è affidata alla profe di scienze psicologiche e informatica Candice Odgers della University of California Irvine, della quale è anche vicerettore per la ricerca. Ecco la mia sintesi del suo dire:

«Un’analisi condotta in 72 paesi non mostra alcuna associazione coerente o misurabile tra il benessere e la diffusione dei social media a livello globale. Inoltre, i risultati dello studio Adolescent Brain Cognitive Development, il più grande studio a lungo termine sullo sviluppo del cervello adolescenziale negli Stati Uniti, non ha trovato prove di cambiamenti drastici associati all’uso della tecnologia digitale. Haidt [l’autore del furbo best seller menagramo, NdT], psicologo sociale della New York University, è un narratore di talento, ma il suo racconto è attualmente alla ricerca di prove».

https://www.nature.com/articles/d41586-024-00902-2

QED.

Odgers mette anche in evidenza l’abuso di correlation as causation di cui l’autore si macchia, non sappiamo se per furbizia o per ignoranza (ma gli concederei il Rasoio di Hanlon), per comporre la quantità industriale di grafici coi quali lardella il libro, che in tal modo diventa irresistibile per il circo mediatico.

Come sappiamo, già l’Economist aveva analizzato i dati e trovato nessuna relazione tra l’abuso delle tecnologie e la condizione mentale degli adolescenti.