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Ivar Giaever, mio amicone

Ieri una imbarazzante trasmissione di La7 invitava a parlare di transizione ecologica un’esperta e, suppongo per fare audience creando casino, Massimo De Manzoni, vicedirettore de La Verità ed esponente minore del movimento Liberateci da Al Gore.

De Manzoni era funzionale alla baruffa in quanto negazionista dell’origine antropica del cambiamento climatico. E’ un po’ come essere negatori dei quark in fisica. E in effetti il De Manzoni sta alla fisica delle alte energie come sta alla fisica dell’atmosfera: ne sa una cippa e non conosce alcuno che ne sappia.

Il suo fondamentale argomento negazionista sta in una «lista di duemilacinquecento scienziati, compresi premi Nobel», che la pensano come lui. E’ una notizia degna di Bufale Un Tanto Al Chilo, che infatti credo la sbugiardasse quando uscì. Ma posso farlo anch’io facilmente.

Intanto, De Manzoni si mostra arruffato e acalculico, ignorando che al mondo le persone che possono definirsi scienziati sono dell’ordine di cinquanta milioni. Se duemilacinquecento firmano un manifesto, allora vuol dire che cinque scienziati ogni centomila hanno firmato. A voi pare tanto? Trovate strano che tra tanta gente, se ne possa trovare una frazione infinitesimale disposta a firmare qualsiasi affermazione?

Ma andiamo avanti.

Stiamo parlando di un manifesto messo in circolazione uno o due anni fa, sottoscritto non da 2500 bensì da 1100 persone. Le quali non erano neppure tutte scienziati. Vi si annoveravano moltissimi giornalisti, politici, influencers, piloti d’aereo, tecnici dell’industria gaspetrolifera, pescatori, PhD diplomatisi online, studiosi del piffero per i quali Fourier è uno chef e Arrhenius una malattia gastroenterica, e geologi che nel 1990 non avrebbero passato la Maturità da geometra. Una lista divertente da scorrere.

C’erano solo 10 climatologi e nessuno scienziato di gran calibro, di quelli la cui opinione stiamo ad ascoltare anche al di fuori del loro settore professionale. Anzi, no, uno c’era! Esattamente uno solo. Era questo il Nobel cui accennava il nostro Massimo De Manzoni, che lo declinava al plurale per rendere più convincente la sua coorte e perché in fin della fiera ha capito una cippa dell’intera questione e sicuramente avrebbe già sviluppato un’emicrania leggendo sin qui se mai mi leggesse.

La mosca bianca era Ivar Giaever, Nobel per la fisica 1973. A me molto simpatico. Quando aveva 82 anni lasciò la American Physical Society perché il Global Warming era un taboo politically correct: «Nell’APS è ok dibattere se la massa del protone cambia nel tempo o come si comporta un multiverso [due cose estremamente stravaganti, NdT], ma l’evidenza del riscaldamento globale è indiscutibile!».

Aveva ragione e fece bene a sbattere la porta. È irritante e inaccettabile che in un consesso di fisici, da sempre gli studiosi più spregiudicati e aperti, non si possa discutere di qualcosa per partito preso.

Da allora il Global Warming gli sta sulle balle e ne ha tutto il diritto -non solo per i suoi 94 anni!

Il capriccio di Ivar Giaever è il solo appiglio che si reperisce in quella patetica lista, per corroborare la tesi preconcetta che Massimo De Manzoni coltiva granitico: il riscaldamento globale in corso è una fluttuazione ordinaria e l’attività umana c’entra poco. Eh eh.

Abbiamo capito che egli non è un campione di pensiero critico. Se ne infischia che nei comitati dell’IPCC pullulino i fisici dell’atmosfera, né sa cosa sia la fisica né beninteso l’atmosfera (dentro la quale la vita dei mammiferi è abilitata dalla presenza dei gas serra). E s’impippa, anzi probabilmente ignora che 75 Nobel misero per iscritto già nel 2016 il loro pubblico sostegno a quelli dell’IPCC.

Semplicemente, innamorato di un vecchia ipotesi da tempo trasformatasi in consunto credo, si attacca a uno che, centenario e con fare semiserio, prende per il sedere lui e tutti noialtri assieme. E La7 invita lui, Massimo De Manzoni, a discettare di cambiamento climatico. Immagino che in gennaio, al dibattito sul Giorno della Shoah avessero un naziskin come controparte di Liliana Segre.



US NOAA, 2018
La concentrazione di gas serra è schizzata in alto solo in corrispondenza della rivoluzione industriale in corso. E il riscaldamento in atto è circa dieci volte più rapido della velocità media dei riscaldamenti avvenuti alla fine delle ultime sette ere glaciali
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